domenica 8 gennaio 2012



Da "la Padania" 7 gennaio 2012
Alla Provvidenza chiediamo il voto

Caro Presidente, da giornale di frontiera
quale siamo, come dobbiamo rivolgerci al Quirinale?
Preferiamo che la......liturgia del galateo linguistico, del cerimoniale
di circostanza abbiano un suggeritore promosso dal popolo: la storia. Alla storia
chiediamo di ricordare perché un governo dei tecnici non possa, non sia, anzi, non sia mai stato al posto giusto. Lo facciamo dire ad uno dei padri della
patria più gettonato e strattonato. Insomma, persino Einaudi, alla
vigilia della nascita del Partito fascista, mentre il Paese era nel bel mezzo di una crisi che stava progressivamente avvitandosi verso la perdita di sovranità espressione dei cittadini, sentì il dovere di alzare la voce.
Fece in tempo, Einaudi, a scriverlo sui giornali, che la politica ha una funzione insostituibile, che non deve abdicare a favore dei professori, dei burocrati. Il nostro suggeritore, la storia appunto, ci ricorda con una strepitosa immersione umanista nella nostra cultura occidentale, che il popolo ha un’a n ima, da plasmare ed educare. Non è carne da macellare. Che la politica abbia una missione più alta rispetto alla missione dei banchieri, dei professori è un dato di fatto. Il bene comune non corrisponde agli interessi del potere. Significa rappresentanza, significa garantire una casa, una scuola, una chiesa, un ospedale, una fabbrica a chi lavora. E la divaricazione, come spiega bene Einaudi, tra un burocrate e chi ha un mandato per essere al servizio del popolo per trovare il modo migliore per raggiungere l’obiettivo è sostanziale. Altrimenti? Altrimenti se la politica non serve, un anno dopo le parole di Einaudi si arriva, suggerisce la storia, al discorso del “bivacco dei manipoli”, quando Mussolini prese il potere e si insediò ribaltando le leggi della rappresentanza. Ce lo leggiamo anche quello perché quelle parole sono oro. «Il popolo italiano - nella sua parte migliore - ha scavalcato un ministero e si è dato un governo al di fuori, al di sopra e contro ogni designazione del Parlamento. Chi dice lavoro, dice borghesia produttiva e classi lavoratrici delle città e dei campi. Non privilegi alla prima, non privilegi alle ultime, ma tutela di tutti gli interessi che si armonizzino con quelli della produzione e della Nazione. Il proletariato che lavora, e della cui sorte ci preoccupiamo, ma senza colpevoli demagogiche indulgenze, non ha nulla da temere e nulla da perdere, ma certamente tutto da guadagnare da una politica finanziaria che salvi il bilancio dello Stato ed eviti quella bancarotta che si farebbe sentire in disastroso modo specialmente sulle classi più umili della popolazione». E non è mica finita qui. «Chiediamo i pieni poteri perché vogliamo assumere le piene responsabilità. Senza i pieni poteri voi sapete benissimo che non si farebbe una lira - dico una lira - di economia. Il Paese ci conforta e ci attende». Ecco, a noi non conforta e non attendiamo questi treni che ogni tanto ci porta la storia in nome della necessità economica e della bancarotta. Questione di tempo e deragliano.Crediamo nella Provvidenza che porta il voto.


STEFANIA PIAZZO

Direttore de "La Padania"

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